Ucraini e russi i maggiori acquirenti del distretto moda abruzzese
Palandrani: "200 milioni di ordini andati in fumo, dal 2019, tra Covid e adesso la guerra"
ALBA - La forte crisi produttiva del settore moda, già provocata da due anni pandemia da Covid, ora con l'inizio della guerra tra Russia e Ucraina, arriva all'apice. A lanciare un appello alle istituzioni regionali, è
Francesco Palandrani (
nella foto), presidente del Consorzio Atea, con sede ad Alba, che raggruppa 58 fabbriche del comparto della pelletteria e dell'abbigliamento, in gran gran parte abruzzesi, con alcune ditte marchigiane.
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Lo scoppio della guerra -dice Palandrani-
oltre al dramma umano, in pochi giorni ha già causato un ulteriore tracollo delle commesse. Al momento, è tutto bloccato, compresi i pagamenti alle nostre ditte che hanno già prodotto gli ordini ricevuti dalla Russia e dall'Ucraina.
Si tratta di una vera legnata, in quanto su 58 associati, circa la metà lavorano per il mercato russo e ucraino, con punte che arrivano anche al 95% del loro fatturato annuo". Le aziende abruzzesi che lavorano per conto proprio, a differenza dei grandi marchi che possono operare in altre parti del mondo, adesso si trovano proprio nel baratro. "
Lentamente -continua il presidente dei pellettieri abruzzesi-
stavamo uscendo dalla nostra debolezza produttiva legata al contesto sanitario negativo, ed ecco un altro fattore di grande grande disorientamento e incertezza". Un elemento imprevisto che rischia di far chiudere non poche fabbriche e di far licenziare diversi dipendenti, dei circa 2.000 occupati nel distretto moda. "
Il primo impatto negativo -racconta Palandrani- l
o abbiamo avuto alla fiera "Linea Pelle", a Milano, nei giorni scorsi, dal 22 al 24 febbraio. Più che una fiera di lavoro si è trattato di una visita. Non c'erano gli acquirenti russi e ucraini con i quali, fino al 2019, abbiamo sviluppato ordini di lavoro per quasi 200milioni di euro annui. Ci auguriamo -conclude-
che la guerra finisca il prima possibile ma nel frattempo abbiamo bisogno di sostegni economici per trovare nuove commesse in altri mercati, come USA, Emirati Arabi, Giappone e Corea del Sud".